Alessandro, Parigi, Quillau, 1755, I

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
  Campo di battaglia su le rive dell’Idaspe. Tende e carri roversciati, soldati dispersi, armi, insegne ed altri avanzi dell’esercito di Poro disfatto da Alessandro.
  Terminata la sinfonia s’ode strepito d’armi e d’istromenti militari; nell’alzar della tenda soldati che fuggono.
 
 PORO, indi GANDARTE con spade nude
 
 PORO
 Fermatevi o codardi. Ah con la fuga
 mal si compra una vita! A chi ragiono?
 Non ha legge il timor. La mia sventura
 i più forti avvilisce, io la ravviso.
5Le calpestate insegne,
 le lacere bandiere,
 l'armi disperse, il sangue e tanti e tanti
 avanzi dell'insana
 licenza militar tolgono il velo
10a tutto il mio destino. È dunque in cielo
 sì temuto Alessandro
 che a suo favor può fare ingiusti i numi?
 Ah si mora e si scemi
 della spoglia più grande
15il trionfo a costui. Già visse assai
 chi libero morì. (In atto di uccidersi)
 GANDARTE
                                 Mio re, che fai? (L’impedisce)
 PORO
 Involo, amico, un infelice oggetto
 all'ira degli dei.
 GANDARTE
                                Chi sa, vi resta
 qualche nume per noi. Mai non si perde
20l'arbitrio di morir; né forse a caso
 fra l'ire sue ti rispettò fortuna.
 Vivi alla tua vendetta,
 a Cleofide vivi.
 PORO
                               Oh dio! Quel nome
 fra l'ardor dello sdegno
25di geloso veleno il cor m'agghiaccia.
 Ah l'adora Alessandro.
 GANDARTE
 E Poro l'abbandona?
 PORO
 No no, gli si contenda (Ripone la spada nel fodero)
 l'acquisto di quel core
30fino all'ultimo dì...
 GANDARTE
                                     Fuggi, o signore,
 stuol nemico s'avanza.
 PORO
                                           A tal difesa
 inesperto sarei.
 GANDARTE
 Celati almen.
 PORO
                            Palese
 mi farebbe lo sdegno.
 GANDARTE
                                          Oh dei! S'appressa
35la schiera ostil... Prendi e il real tuo serto (Si leva il cimiero)
 sollecito mi porgi; almen s'inganni
 il nemico così.
 PORO
                             Ma il tuo periglio?
 GANDARTE
 È periglio privato; in me non perde
 l'India il suo difensor.
 PORO
                                           Pietosi dei,
40voi mi toglieste poco,
 riserbandomi in lui
 sì bella fedeltà. Cinga il mio serto (Si leva il cimiero proprio e lo pone sul capo a Gandarte)
 quella onorata fronte
 degna di possederlo e sia presagio
45di grandezze future (Prende il cimiero di Gandarte e se lo pone in capo)
 ma non porti con sé le mie sventure.
 GANDARTE
 
    È prezzo leggiero
 d'un suddito il sangue,
 se all'indico impero
50conserva il suo re.
 
    Oh inganni felici!
 se al par de' nemici,
 restasse ingannato
 il fato da me. (Parte)
 
 SCENA II
 
 PORO, poi TIMAGENE con spada nuda e seguito de’ greci, indi ALESSANDRO
 
 PORO
55Invano, empia fortuna,
 il mio coraggio indebolir tu credi. (In atto di partire)
 TIMAGENE
 Guerrier, t'arresta e cedi
 quell'inutile acciaro. È più sicuro
 col vincitor pietoso inerme il vinto.
 PORO
60Pria di vincermi, oh quanto
 e di periglio e di sudor ti resta!
 TIMAGENE
 Su, Macedoni, a forza
 l'audace si disarmi. (Poro volendosi difendere gli cade la spada)
 PORO
                                        Ah stelle ingrate!
 Il ferro m'abbandona.
 ALESSANDRO
                                           Olà fermate,
65abbastanza finora
 versò d'indico sangue il greco acciaro.
 Tregua alle stragi. Aduna (A Timagene)
 le disperse falangi e in esse affrena
 di vincere il desio. Scema il soverchio
70uso della vittoria
 il merto al vincitor; ne' miei seguaci
 chiedo virtude alla fortuna uguale.
 TIMAGENE
 Il cenno eseguirò. (Parte)
 PORO
                                    (Questi è il rivale).
 ALESSANDRO
 Guerrier, chi sei?
 PORO
                                   Se mi richiedi il nome,
75mi chiamo Asbite, se il natal, sul Gange
 io vidi il primo dì; se poi ti piace
 saper le cure mie, per genio antico
 son di Poro seguace e tuo nemico.
 ALESSANDRO
 (Come ardito ragiona!) E quali offese
80tu soffristi da me?
 PORO
                                     Quelle che soffre
 il resto della terra. E qual ragione
 a' regni dell'aurora
 guida Alessandro a disturbar la pace?
 Sono i figli di Giove
85inumani così? Per far contrasto
 alla tua strana avidità d'impero,
 dunque ti oppone invano
 l'Asia le sue ricchezze; invan feconda
 è l'Africa di mostri; a noi non giova
90l'essere ignoti. Hai tributario ormai
 il mondo in ogni loco
 e tutto il mondo alla tua sete è poco.
 ALESSANDRO
 T'inganni, Asbite. In ogni clima ignoto
 se pugnando m'aggiro, i regni altrui
95usurpar non pretendo. Io cerco solo
 per compire i miei fasti
 un'emula virtù che mi contrasti.
 PORO
 Forse in Poro l'avrai.
 ALESSANDRO
                                         Qual è di Poro
 l'indole, il genio?
 PORO
                                  È degno
100d'un guerriero e d'un re.
 ALESSANDRO
                                                Quai sensi in lui
 destan le mie vittorie?
 PORO
 Invidia e non timor.
 ALESSANDRO
                                        La sua sventura
 ancor non l'avvilisce?
 PORO
                                          Anzi l'irrita;
 e forse adesso a' patri numi ei giura
105d'involar quegli allori alle tue chiome
 colà su l'are istesse
 che il timor de' mortali offre al tuo nome.
 ALESSANDRO
 In India eroe sì grande
 è germoglio straniero. Errò natura
110nel produrlo all'Idaspe. In greca cuna
 d'esser nato costui degno saria.
 PORO
 Credi dunque che sia
 il ciel di Macedonia
 sol fecondo d'eroi? Qui pur s'intende
115di gloria il nome e la virtù s'onora;
 ha gli Alessandri suoi l'Idaspe ancora.
 ALESSANDRO
 Oh coraggio sublime!
 Oh illustre fedeltà! Poro felice
 per sudditi sì grandi! Al tuo signore
120libero torna e digli
 che sol vinto si chiami
 dalla sorte o da me; l'antica pace
 poi torni a' regni sui,
 altra ragion non mi riserbo in lui.
 PORO
125Se ambasciador mi vuoi
 di simili proposte,
 poco opportuno ambasciador scegliesti.
 ALESSANDRO
 Generoso però. Libero il passo
 si lasci al prigionier. Ma il fianco illustre
130abbia il suo peso e non rimanga inerme.
 Prendi questa ch'io cingo (Si cava la spada per darla a Poro)
 ricca di Dario e preziosa spoglia
 e lei trattando il donator rammenta.
 Vanne e sappi frattanto
135per gloria tua ch'altro invidiar finora
 non seppe il mio pensiero
 che Asbite a Poro e ad Achille Omero.
 PORO
 Il dono accetto e ti diran fra poco (Prende la spada di Alessandro al quale una comparsa ne presenta subito un’altra)
 mille e mille ferite
140qual uso a' danni tuoi ne faccia Asbite.
 
    Vedrai con tuo periglio
 di questa spada il lampo
 come baleni in campo
 sul ciglio al donator.
 
145   Conoscerai chi sono,
 ti pentirai del dono
 ma sarà tardi allor. (Parte)
 
 SCENA III
 
 ALESSANDRO, poi TIMAGENE con ERISSENA incatenata, due indiani e seguito
 
 ALESSANDRO
 Oh ammirabili sempre
 anche in fronte a' nemici
150caratteri d'onor! Quel core audace,
 perché fido al suo re, minaccia e piace.
 TIMAGENE
 Questa, che ad Alessandro
 prigioniera donzella offre la sorte,
 germana è a Poro.
 ERISSENA
                                    (Oh dei!
155D'Erissena che fia!)
 ALESSANDRO
                                       Chi di quei lacci
 l'innocente aggravò?
 TIMAGENE
                                        Questi, di Poro
 sudditi per natura,
 per genio a te. Fu lor disegno offrirti
 un mezzo alla vittoria.
 ALESSANDRO
                                           Indegni! Il ciglio
160rasciuga o principessa. Il tuo destino
 non è degno di pianto. Altri nemici
 trarrian da tua bellezza
 la ragion d'oltraggiarti; ad Alessandro
 persuade rispetto il tuo sembiante.
 ERISSENA
165(Che dolce favellar!)
 TIMAGENE
                                        (Son quasi amante).
 ALESSANDRO
 Agli empi, o Timagene,
 si raddoppino i lacci
 che si tolgono a lei. Tornino a Poro
 gl'infidi ed Erissena,
170questa alla libertà, quelli alla pena. (Due comparse sciolgono Erissena ed incatenano gl’indiani)
 ERISSENA
 Generosa pietà!
 TIMAGENE
                                Signor, perdona;
 se Alessandro foss'io direi che molto
 giova se resta in servitù costei.
 ALESSANDRO
 S'io fossi Timagene, anche il direi.
 
175   Vil trofeo d'un'alma imbelle
 è quel ciglio allor che piange;
 io non venni infino al Gange
 le donzelle a debellar.
 
    Ho rossor di quegli allori
180che non han fra' miei sudori
 cominciato a germogliar. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ERISSENA e TIMAGENE
 
 TIMAGENE
 (Oh rimprovero acerbo
 che irrita l'odio mio!)
 ERISSENA
                                          Questo è Alessandro?
 TIMAGENE
 È questo.
 ERISSENA
                     Io mi credea
185che avessero i nemici
 più rigido l'aspetto,
 più fiero il cor. Ma sono
 tutti i Greci così?
 TIMAGENE
                                   (Semplice!) Appunto.
 ERISSENA
 Quanto invidio la sorte
190delle greche donzelle! Almen fra loro
 fossi nata ancor io!
 TIMAGENE
                                     Che aver potresti
 di più vago, nascendo in altr'arena?
 ERISSENA
 Avrebbe un Alessandro anch'Erissena.
 TIMAGENE
 Se le greche sembianze
195ti son grate così, l'affetto mio
 posso offrirti, se vuoi. Son greco anch'io.
 ERISSENA
 Tu greco ancor?
 TIMAGENE
                                Sotto un istesso cielo
 spuntò la prima aurora
 a' giorni d'Alessandro, a' giorni miei.
 ERISSENA
200Non è greco Alessandro o tu nol sei.
 TIMAGENE
 Dimmi almen, qual ragione
 sì diverso da me lo renda mai?
 ERISSENA
 Ha in volto un non so che, che tu non hai.
 TIMAGENE
 (Che pena!) Ah già per lui
205fra gli amorosi affanni
 dunque vive Erissena.
 ERISSENA
                                            Io!
 TIMAGENE
                                                    Sì.
 ERISSENA
                                                            T'inganni.
 
    Chi vive amante sai che delira;
 spesso si lagna, sempre sospira
 né d'altro parla che di morir.
 
210   Io non mi affanno, non mi querelo,
 giammai tiranno non chiamo il cielo;
 dunque il mio core d'amor non pena
 o pur l'amore non è martir. (Parte con i due prigionieri indiani, accompagnata dal seguito di Timagene)
 
 SCENA V
 
 TIMAGENE
 
 TIMAGENE
 Ma qual sorte è la mia! Nacque Alessandro
215per offendermi sempre! Anche in amore
 m'oltraggia il merto suo. Picciola offesa
 che rammenta le grandi. Ei di sua mano
 del mio gran genitor macchiò col sangue
 l'infauste mense; e se pentito ei pianse,
220io n'abborisco appunto
 la tiranna virtù con cui mi scema
 la ragion d'abborrirlo. Eh l'odio mio
 si appaghi alfine. Irriterò le squadre;
 solleverò di Poro
225le cadenti speranze; alla vendetta
 qualche via troverò. Che il vendicarsi
 d'un ingiusto potere
 persuade natura anche alle fiere.
 
    O sugli estivi ardori
230placida al sol riposa,
 o sta fra l'erbe e i fiori
 la pigra serpe ascosa,
 se non la preme il piede
 di ninfa o di pastor.
 
235   Ma se calcar si sente,
 a vendicarsi aspira
 e su l'acuto dente
 il suo veleno e l'ira
 tutta raccoglie allor. (Parte)
 
 SCENA VI
 
  Recinto di palme e cipressi con picciolo tempio nel mezzo, dedicato a Bacco nella reggia di Cleofide.
 
 CLEOFIDE con seguito, indi PORO
 
 CLEOFIDE
240Perfidi! Qual riparo, (Alle comparse)
 qual rimedio adoprar? Mancando ogn'altro
 dovevate morir. Tornate in campo,
 ricercate di Poro. Il vostro sangue,
 se tardo è alla difesa,
245se vile è alla vendetta,
 spargetelo dal seno
 alla grand'ombra in sacrificio almeno. (Partono le comparse)
 Oh dei, mi fa spavento
 più di Poro il coraggio,
250l'anima intollerante e le gelose
 furie, che in sen sì facilmente aduna,
 che il valor d'Alessandro e la fortuna.
 PORO
 (Ecco l'infida). Io vengo,
 regina, a te di fortunati eventi
255felice apportator.
 CLEOFIDE
                                  Numi! Respiro.
 Che rechi mai?
 PORO
                               Per Alessandro alfine
 si dichiarò la sorte. A me non resta
 che una vana costanza,
 che un inutile ardir.
 CLEOFIDE
                                        Son queste, oh dio,
260le felici novelle!
 PORO
                                Io non saprei
 per te più liete immaginarne. Il solo
 inciampo al vincitor con me si toglie;
 onde potrai fra poco
 in lui destar gl'intepiditi ardori,
265e far che ossequioso
 del domato Oriente
 venga a deporti al piè tutti i trofei.
 CLEOFIDE
 Ah non dirmi così, che ingiusto sei.
 PORO
 Ingiusto! È forse ignoto
270che quando in su l'Idaspe
 spiegò primier le pellegrine insegne,
 adorasti Alessandro? E che di lui
 seppe la tua beltà farsi tiranna?
 Forse l'India nol sa?
 CLEOFIDE
                                        L'India s'inganna.
275Io non l'amai; ma dall'altrui ruine
 già resa accorta, al suo valor m'opposi
 con lusinghe innocenti, armi non vane
 del sesso mio. Donde sperar difesa
 maggior di questa? Era miglior consiglio
280forse nell'elmo imprigionar le chiome?
 Coll'inesperta mano
 trattar l'asta guerriera? Uscendo in campo,
 vacillar sotto il peso
 d'insolita lorica e farmi teco
285spettacolo di riso al fasto greco?
 Torna, torna in te stesso; altro pensiero
 chiede la nostra sorte
 che quel di gelosia.
 PORO
                                      Qual è? Pretendi
 che d'Alessandro al piede
290io mi riduca ad implorar pietade?
 Vuoi che sia la tua mano
 prezzo di pace? Ambasciador mi vuoi
 di queste offerte? Ho da condurti a lui?
 Ho da soffrir tacendo
295di rimirarti ad Alessandro in braccio?
 Spiegati pur, ch'io l'eseguisco e taccio.
 CLEOFIDE
 Né mai termine avranno
 le frequenti dubiezze
 del geloso tuo cor? Credimi, o caro,
300fidati pur di me.
 PORO
                                  Di te si fida
 anche Alessandro. E chi può dir qual sia
 l'ingannato di noi? So ch'ei ritorna
 e torna vincitor. So ch'altre volte
 coll'armi de' tuoi vezzi o finti o veri
305hai le sue forze indebolite e dome.
 E creder deggio? E ho da fidarmi? E come!
 CLEOFIDE
 Ingrato! Hai poche prove
 della mia fedeltà? Comparve appena
 su l'indico confine
310dell'Asia il domator che il tuo periglio
 fu il mio primo spavento. Incontro a lui
 lusinghiera m'offersi, acciò con l'armi
 non passasse a' tuoi regni. Ad onta mia
 seco pugnasti. A te già vinto, asilo
315fu questa reggia e non è tutto. In campo
 la seconda fortuna
 vuoi ritentar; l'armi io ti porgo e perdo
 l'amistà d'Alessandro,
 di mie lusinghe il frutto,
320de' miei sudditi il sangue, il regno mio;
 e non ti basta? E non mi credi?
 PORO
                                                           (Oh dio!)
 CLEOFIDE
 Tollerar più non posso
 così barbari oltraggi.
 Fuggirò questo cielo. Andrò raminga
325per balze e per foreste
 spaventose allo sguardo, ignote al sole,
 mendicando una morte. I miei tormenti,
 le tue furie una volta
 finiranno così. (In atto di partire)
 PORO
                               Fermati, ascolta.
 CLEOFIDE
330Che dir mi puoi?
 PORO
                                   Che a gran ragion t'offende
 il geloso amor mio.
 CLEOFIDE
                                      Questo è un amore
 peggior dell'odio.
 PORO
                                   Io ti prometto, o cara,
 che mai più di tua fede
 dubitar non saprò.
 CLEOFIDE
                                     Queste promesse
335mille volte facesti e mille volte
 tornasti a vacillar.
 PORO
                                    Se mai di nuovo
 io ti credo infedel, per mio tormento
 altra fiamma t'accenda;
 e vera in te l'infedeltà si renda.
 CLEOFIDE
340Ancor non m'assicuro.
 Giuralo.
 PORO
                   A tutti i nostri dei lo giuro.
 
    Se mai più sarò geloso,
 mi punisca il sacro nume
 che dell'India è domator.
 
 SCENA VII
 
 ERISSENA accompagnata da’ macedoni e detti
 
 CLEOFIDE
345Erissena! Che veggo!
 Tu nella reggia? (Ad Erissena)
 PORO
                                 Io ti credea, germana,
 prigioniera nel campo.
 ERISSENA
                                            Un tradimento
 mi portò fra' nemici e un atto illustre
 del vincitor pietoso a voi mi rende.
 CLEOFIDE
350Che ti disse Alessandro?
 Parlò di me?
 PORO
                           (Che mai richiede!) (Da sé)
 CLEOFIDE
                                                                  (Assai
 può giovarmi il saperlo). (Da sé)
 PORO
                                                 (Alfine è questa
 innocente richiesta). (Da sé)
 ERISSENA
                                          I detti suoi
 ridirti non saprei. So che mi piacque
355il suon di sue parole. Io non l'intesi
 così soave in altro labbro. Oh quanto
 ancor nella favella
 son diversi da' nostri i suoi costumi!
 Credo che in ciel così parlino i numi.
 PORO
360(Che importuna!)
 ERISSENA
                                    Oh, regina,
 come dolce in quel volto
 fra lo sdegno guerrier sfavilla amore!
 Di polve e di sudore
 anche aspersa la fronte
365serba la sua bellezza e l'alma grande
 in ogni sguardo suo tutta si vede.
 PORO
 Cleofide da te questo non chiede. (Con isdegno ad Erissena)
 CLEOFIDE
 Ma giova questo ancora
 forse a' disegni miei.
 PORO
370(Non ritorniamo a dubitar di lei).
 CLEOFIDE
 Macedoni guerrieri,
 tornate al vostro re. Ditegli quanto
 anche fra noi la sua virtù s'ammira.
 Ditegli che al suo piede
375tra le falangi armate
 Cleofide verrà.
 PORO
                              Come! Fermate. (a’ macedoni)
 Tu ad Alessandro? (A Cleofide)
 CLEOFIDE
                                      E che perciò? Non vedo
 ragion di meraviglia.
 PORO
                                         In questa guisa
 il tuo decoro, il nome tuo s'oscura.
380L'India che mai dirà?
 CLEOFIDE
                                           Questa è mia cura.
 Partite. (a’ macedoni che partono)
 PORO
                  (Io smanio).
 CLEOFIDE
                                           Ah non vorrei che fosse
 il tuo soverchio zelo
 quel solito timor che ti avvelena.
 PORO
 Lo tolga il cielo. (Oh giuramento! Oh pena!)
 CLEOFIDE
385Siegui a fidarti; in questa guisa impegni
 a maggior fedeltà gli affetti miei.
 Quando Poro mi crede,
 come tradir potrei sì bella fede?
 
    Se mai turbo il tuo riposo,
390se m'accendo ad altro lume,
 pace mai non abbia il cor.
 
    Fosti sempre il mio bel nume,
 sei tu solo il mio diletto
 e sarai l'ultimo affetto
395come fosti il primo amor. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 ERISSENA e PORO
 
 PORO
 Erissena, che dici? Ho da fidarmi?
 Ho da temer che sia
 Cleofide infedel? Tu nel mio caso
 le crederesti? Ah parla,
400consigliami, Erissena.
 ERISSENA
                                           Oh quanto è folle
 chi è geloso in amor! Perché non credi
 le sue promesse? Alfine
 pegno maggior di questo
 bramar non puoi.
 PORO
                                   Ma intanto
405va Cleofide al campo ed io qui resto.
 ERISSENA
 Che figuri perciò?
 PORO
                                    Mille io figuro
 immagini crudeli
 d'infedeltà. Vezzi, lusinghe e sguardi...
 Che posso dir?
 ERISSENA
                              Ma saran finti.
 PORO
                                                           Oh dio!
410Fingendo s'incomincia; e tu non sai
 quanto è breve il sentiero
 che dal finto in amor conduce al vero.
 Non può amare Alessandro?
 Non può cangiar desio?
 ERISSENA
415È ver. (Comincio a ingelosirmi anch'io).
 PORO
 Ah non so trattenermi,
 soffrir non so. Si vada. In quelle tende
 Cleofide mi vegga. a' nuovi amori
 serva di qualche inciampo
420l'aspetto mio. (In atto di partire)
 
 SCENA IX
 
 GANDARTE e detti
 
 GANDARTE
                             Dove mio re?
 PORO
                                                        Nel campo.
 GANDARTE
 Ancor tempo non è di porre in uso
 disperati consigli. Io non invano
 tardai finor. Questo real diadema
 Timagene ingannò, Poro mi crede.
425Mi parlò, lo scopersi
 nemico di Alessandro; assai da lui
 noi possiamo sperare.
 PORO
                                           Ah non è questa
 la mia cura maggiore. Al greco duce
 Cleofide s'invia;
430non deggio rimaner. (In atto di partire)
 GANDARTE
                                         Fermati. E vuoi
 per vana gelosia
 scomporre i gran disegni? Agli occhi altrui
 debole comparir? Vedi che sei
 a Cleofide ingiusto, a te nemico.
 PORO
435Tu dici il vero, io lo conosco, amico.
 Ma che perciò? Rimprovero a me stesso
 ben mille volte il giorno i miei sospetti;
 e mille volte il giorno
 ne' miei sospetti a ricadere io torno.
 
440   Se possono tanto
 due luci vezzose,
 son degne di pianto
 le furie gelose
 d'un'alma infelice,
445d'un povero cor.
 
    S'accenda un momento
 chi sgrida, chi dice
 che vano è il tormento,
 che ingiusto è il timor. (Parte)
 
 0SCENA X
 
 ERISSENA e GANDARTE
 
 GANDARTE
450Principessa adorata, allor che intesi
 te prigioniera, il mio dolor fu estremo.
 Or che sciolta ti vedo,
 credimi, estremo è il mio piacer.
 ERISSENA
                                                              Lo credo.
 Dimmi, vedesti in sugli opposti lidi
455dell'Idaspe Alessandro?
 GANDARTE
                                              Ancor nol vidi.
 E tu provasti mai
 alcun timor ne' miei perigli?
 ERISSENA
                                                       Assai.
 Se Alessandro una volta
 giungi a veder, gli troverai nel viso
460un raggio ancora ignoto
 d'insolita beltà.
 GANDARTE
                               Per fama è noto.
 Deh non perdiamo, o cara,
 con ragionar di lui questo momento
 che dal ciel n'è permesso.
 ERISSENA
465Eh non è già l'istesso
 il vedere Alessandro
 che udirne ragionar. Qualunque vanto
 spiegar non può...
 GANDARTE
                                    Ma tanto
 parlar di lui tu non dovresti. Io temo,
470cara, sia con tua pace,
 che Alessandro ti piaccia.
 ERISSENA
                                                 È ver, mi piace.
 GANDARTE
 Ti piace! Oh dei! Ma il tuo real germano
 non sai che la tua mano
 già mi promise?
 ERISSENA
                                 Il so.
 GANDARTE
                                             Non ti sovviene
475quante volte pietosa al mio tormento
 mi promettesti amor?
 ERISSENA
                                           Sì, mel rammento.
 GANDARTE
 Ed or perché tiranna
 hai piacer d'ingannarmi?
 ERISSENA
                                                 E chi t'inganna?
 GANDARTE
 Tu che ad altri gli affetti
480dovuti a me senza ragion comparti.
 ERISSENA
 Dunque per bene amarti
 tutto il resto del mondo odiar degg'io?
 GANDARTE
 Chi udì caso in amore eguale al mio!
 ERISSENA
 
    Compagni nell'amore
485se tollerar non sai,
 non puoi trovare un core
 che avvampi mai per te.
 
    Chi tanta fé richiede
 si rende altrui molesto;
490questo rigor di fede
 più di stagion non è. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 GANDARTE
 
 GANDARTE
 Perché senz'opra degli altrui sudori
 nasceano i frutti, i fiori,
 perché più volte l'anno
495non dubbio prezzo delle altrui fatiche
 biondeggiavan le spiche e al lupo appresso
 in un covile istesso
 il sicuro agnellin prendea ristoro,
 era bella, cred'io, l'età dell'oro.
500Ma se allor le donzelle,
 per soverchia innocenza, a' loro amanti
 dicean d'essere infide
 chiaro così come Erissena il dice,
 per me l'età del ferro è più felice.
 
505   Voi che adorate il vanto
 di semplice beltà
 non vi fidate tanto
 di chi mentir non sa,
 che l'innocenza ancora
510sempre non è virtù.
 
    Mentisca pure e finga
 colei che m'arde il seno,
 che almeno mi lusinga,
 che non mi toglie almeno
515la libertà d'odiarla
 quando infedel mi fu. (Parte)
 
 SCENA XII
 
  Gran padiglione di Alessandro vicino all’Idaspe con vista della reggia di Cleofide su l’altra sponda del fiume.
 
 ALESSANDRO con guardie dietro al padiglione e TIMAGENE
 
 ALESSANDRO
 Non condannarmi, amico,
 perché mesto mi vedi. Ha il mio dolore
 la sua ragion.
 TIMAGENE
                            Quando il timor non sia
520che manchi terra al tuo valore, ogni altra,
 perdonami, è leggiera. E quale impresa
 dubbia è per te che hai tanto mondo oppresso?
 ALESSANDRO
 L'impresa, oh dio, di soggiogar me stesso.
 TIMAGENE
 Che intendo!
 ALESSANDRO
                           Alla tua fede
525io svelo, o Timagene, il più geloso
 segreto del mio cor. Nol crederai;
 ama Alessandro e del suo cor trionfa
 Cleofide già vinta. Io non so dirti
 se combatte per lei
530il genio o la pietà. Senza difesa
 so ben che mi trovai
 nel momento primier ch'io la mirai.
 TIMAGENE
 Ella viene.
 ALESSANDRO
                       Oh cimento!
 TIMAGENE
                                                Eccoti in porto;
 Cleofide è tua preda,
535puoi domandarle amor.
 ALESSANDRO
                                              Tolgan gli dei
 che vinca amor, che sia
 la debolezza mia nota a costei.
 
 SCENA XIII
 
  Si vedono venire diverse barche per il fiume, dalle quali scendono molti indiani del seguito di Cleofide portando diversi doni, e dalla principale sbarca la suddetta Cleofide incontrata da Alessandro.
 
 CLEOFIDE e detti
 
 CLEOFIDE
 Ciò ch'io t'offro, Alessandro,
 è quanto di più raro
540o nell'indiche rupi
 o nella vasta oriental marina
 per me nutre e colora
 il sol vicino e la feconda aurora.
 Se non mi sdegni amica, eccoti un dono
545all'amistà dovuto;
 se suddita mi brami, ecco un tributo.
 ALESSANDRO
 Da' sudditi io non chiedo
 altr'omaggio che fede; e dagli amici
 prezzo dell'amistade io non ricevo;
550onde inutili sono
 le tue ricchezze, o sian tributo o dono.
 Timagene, alle navi
 tornino quei tesori. (Timagene si ritira dando ordine agl’indiani che tornino su le navi co’ doni)
 CLEOFIDE
                                       Il tuo comando
 anch'io deggio eseguir, che a me non lice
555miglior sorte sperar de' doni miei.
 Più di quegli importuna io ti sarei. (In atto di partire)
 ALESSANDRO
 Troppo male, o regina,
 interpreti il mio cor. Siedi e ragiona.
 CLEOFIDE
 Ubbidirò.
 ALESSANDRO
                      (Che amabile sembianza!)
 CLEOFIDE
560(Mie lusinghe, alla prova). (Siedono)
 ALESSANDRO
                                                    (Alma, costanza).
 CLEOFIDE
 In faccia ad Alessandro
 mi perdo, mi confondo e non so come
 le meditate innanzi
 suppliche fra' miei labbri io non ritrovo.
565E nel timor che provo,
 or che dappresso ammiro
 la maestà de' guardi suoi guerrieri,
 scuso il timor de' soggiogati imperi.
 ALESSANDRO
 (Detti ingegnosi).
 CLEOFIDE
                                    A te, signor, non voglio
570rimproverar le mie sventure e dirti
 le città, le campagne
 desolate e distrutte, il sangue, il pianto
 onde gonfio è l'Idaspe. Ah che da queste
 immagini funeste
575d'una miseria estrema
 fugge il pensiero, inorridisce e trema.
 Sol ti dirò ch'io non avrei creduto
 che venisse Alessandro
 dagli estremi del mondo a' nostri lidi,
580per trionfar con l'armi
 d'una femmina imbelle
 che tanto ammira i pregi suoi, che tanto...
 Oh dio! Pur nel mirarti
 la prima volta io m'ingannai. Mi parve
585placido il tuo sembiante,
 pietoso il ciglio, il ragionar cortese.
 Spiegai la tua clemenza
 come se fosse... Eh rammentar non giova
 le mie folli speranze, i sogni miei,
590che troppo è manifesto
 quale io son, qual tu sei.
 ALESSANDRO
                                               (Che assalto è questo!)
 CLEOFIDE
 Non domando i miei regni,
 non spero il tuo favor. Tanto non oso
 nello stato infelice in cui mi vedo;
595non chiamarmi nemica, altro non chiedo.
 ALESSANDRO
 Nell'udirti, o regina,
 sì accorta ragionar, vere le accuse
 credei talvolta e meditai le scuse.
 Ma il timore ingegnoso,
600i tronchi accenti e le confuse ad arte
 rispettose querele armi bastanti
 non son per tua difesa. Io da' tuoi regni
 allontanar non feci
 le mie schiere temute e vincitrici
605per lasciarti un asilo a' miei nemici.
 Tu di Poro in soccorso,
 tu contro me...
 CLEOFIDE
                              Che ascolto!
 Sei tu che parli! E mi sarà delitto
 l'aver pietà d'un infelice amico?
610È tua virtù privata
 forse l'usar pietà? Ne usurpo forse
 la tua ragion, quando t'imito? Ah sia
 Cleofide infelice,
 se questo è fallo. Avrà la gloria almeno
615che il gran cor d'Alessandro
 seppe imitar. Si perda
 regno, sudditi e vita,
 non questo pregio; inonorata a Dite
 l'ombra mia non andrà, benché in sembianza
620di suddita vi giunga.
 ALESSANDRO
                                         (Alma, costanza).
 CLEOFIDE
 Tu non mi guardi e fuggi
 l'incontro del mio ciglio? Ah non credea
 d'essere agli occhi tuoi
 orribile così. Signor, perdona
625la debolezza mia; questa sventura
 giustifica il mio pianto.
 L'esserti odiosa tanto...
 ALESSANDRO
 Ma non è ver. Sappi... T'inganni... Oh dio!
 (M'uscì quasi da' labbri idolo mio).
 
 SCENA XIV
 
 TIMAGENE e detti
 
 TIMAGENE
630Monarca, il duce Asbite
 chiede a nome di Poro
 di presentarsi a te.
 CLEOFIDE
                                     (Numi!)
 ALESSANDRO
                                                       Fra poco
 avrà l'ingresso.
 TIMAGENE
                               Impaziente ei brama
 teco parlar.
 ALESSANDRO
                        Ma la regina...
 TIMAGENE
                                                    Appunto
635innanzi a lei di ragionar desia.
 ALESSANDRO
 Venga. (Parte Timagene)
 CLEOFIDE
                 Poro l'invia!
 Chi è mai costui!
 ALESSANDRO
                                  T'è noto il suo pensiero?
 CLEOFIDE
 Pavento assai ma non so dirti il vero.
 
 SCENA XV
 
 PORO e detti
 
 PORO
 (Eccola. Oh gelosia!) (Da sé, vedendo Cleofide)
 CLEOFIDE
                                         (Poro!)
 PORO
                                                         Perdona,
640Cleofide, s'io vengo
 importuno così. La tua dimora
 più breve io figurai; ma d'Alessandro
 piacevole è il soggiorno e di te degno.
 CLEOFIDE
 (Già di nuovo è geloso. Ardo di sdegno).
 ALESSANDRO
645Parla, Asbite; che chiede
 Poro da me?
 PORO
                          Le offerte tue ricusa
 né vinto ancor si chiama.
 ALESSANDRO
                                                E ben, di nuovo
 tenti la sorte sua.
 CLEOFIDE
                                  Signor, sospendi
 la tua credenza. Asbite
650forse non ben comprese
 di Poro i detti.
 PORO
                              Anzi son questi.
 CLEOFIDE
                                                             Eh taci.
 (Egli si perde). Alla mia reggia il passo (Ad Alessandro)
 volgi qual più ti piace
 amico o vincitor. Più dell'Idaspe
655non ti contendo il varco. Ivi di Poro
 meglio i sensi saprai.
 PORO
                                          (Che pena!) A lei
 non fidarti, Alessandro. È quella infida
 avvezza ad ingannar. Grato a' tuoi doni
 io ti deggio avvertir.
 CLEOFIDE
                                        (Che soffro!)
 ALESSANDRO
                                                                  Asbite,
660sei troppo audace.
 PORO
                                    Io n'ho ragion; conosco
 Cleofide e il mio re. Da lei tradito
 fu il misero in amor.
 CLEOFIDE
                                         (D'ingelosirsi
 abbia ragion per suo castigo). Ascolta.
 Forse amante di Poro (A Poro)
665Cleofide saria; ma tante volte
 lo ritrovò spergiuro
 che giunge ad abborrirlo. Or non è tempo
 di finger più. Per Alessandro solo
 intesi amor, da che lo vidi. Io scopro
670sol per colpa d'Asbite (Ad Alessandro)
 un affetto, signor, con tanta pena
 finor taciuto.
 PORO
                           (Oh infedeltà!)
 ALESSANDRO
                                                         (Che ascolto!)
 CLEOFIDE
 Ah se il ciel mi destina
 l'acquisto del tuo cor...
 ALESSANDRO
                                           Basta o regina, (S’alza)
675godi pur la tua pace, i regni tuoi.
 Chiedimi qual mi vuoi
 amico e difensore,
 tutto otterrai, non domandarmi il core.
 Questo d'allorch'io nacqui
680alla gloria donai. Lodo ed ammiro
 ma però non adoro il tuo sembiante.
 Son guerrier su l'Idaspe e non amante.
 
    Se amore a questo petto
 non fosse ignoto affetto,
685per te m'accenderei,
 lo proverei per te.
 
    Ma se quest'alma avvezza
 non è a sì dolce ardore,
 colpa di tua bellezza,
690colpa non è d'amore
 e colpa mia non è. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 PORO e CLEOFIDE
 
 PORO
 Lode agli dei. Son persuaso alfine
 della tua fedeltà.
 CLEOFIDE
                                 Lode agli dei.
 Poro di me si fida,
695più geloso non è.
 PORO
                                  Dov'è chi dice
 che un femminil pensiero
 dell'aura è più leggiero?
 CLEOFIDE
                                               Ov'è chi dice
 che più del mare un sospettoso amante
 è torbido, è incostante?
700Io non lo credo.
 PORO
                               Ed io
 nol posso dir.
 CLEOFIDE
                            Mi disinganna assai...
 PORO
 Mi convince abbastanza...
 CLEOFIDE
 La placidezza tua.
 PORO
                                   La tua costanza.
 CLEOFIDE
 Ricordo il giuramento.
 PORO
705La promessa rammento.
 CLEOFIDE
 Si conosce...
 PORO
                         Si vede...
 CLEOFIDE
 Che placido amator!
 PORO
                                        Che bella fede!
 
    Se mai turbo il tuo riposo,
 se m'accendo ad altro lume,
710pace mai non abbia il cor.
 
 CLEOFIDE
 
    Se mai più sarò geloso,
 mi punisca il sacro nume
 che dell'India è domator.
 
 PORO
 
    Infedel! Questo è l'amore?
 
 CLEOFIDE
 
715Menzogner! Questa è la fede?
 
 A DUE
 
 Chi non crede al mio dolore
 che lo possa un dì provar.
 
 PORO
 
    Per chi perdo, o giusti dei,
 il riposo de' miei giorni!
 
 CLEOFIDE
 
720A chi mai gli affetti miei,
 giusti dei, serbai finora!
 
 A DUE
 
 Ah si mora e non si torni
 per l'ingrata
                          a sospirar.
 per l'ingrato
 
 Fine dell’atto primo